venerdì 30 ottobre 2015

Olimpiadi Rio 2016, il Cio ammetterà anche gli atleti rifugiati senza bandiera


Articolo di Lorenzo Vendemiale del 28 Ottobre 2015,
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/28/olimpiadi-rio-2016-il-cio-ammettera-anche-gli-atleti-rifugiati-senza-bandiera/2169115/

"Una nazionale olimpica per chi non ha più un Paese da rappresentare: per la prima volta ai Giochi di Rio de Janeiro 2016 saranno ammessi anche i rifugiati politici, fino ad oggi esclusi in quanto non appartenenti a nessuno Stato. La svolta storica è stata votata dal Comitato Olimpico Internazionale nella stessa riunione che ha approvato la tradizionale “tregua olimpica”. Ma molto più significativa e concreta è la risoluzione che permetterà ai profughi di partecipare ai Giochi.

A tal fine, infatti, il Cio ha stanziato un fondo di 2 milioni di dollari, e previsto il loro alloggio all’interno del Villaggio olimpico, al pari di tutti gli altri 11mila atleti che andranno in Brasile. “Non hanno una nazionale da rappresentare, non hanno una bandiera dietro cui sfilare, non hanno un inno da ascoltare. Per questo abbiamo deciso di accoglierli sotto la bandiera e l’inno delle Olimpiadi, che appartiene a tutti”, ha dichiarato Thomas Bach, presidente del Cio, davanti all’assemblea delle Nazioni Unite.

L’annuncio arriva nell’anno record di sbarchi di profughi richiedenti asilo in vari Paesi d’Europa e del mondo: nel 2015 dovrebbero essere almeno 650mila. Molti di loro sono arrivati proprio in Italia, e anche il nostro Paese avrà un ruolo nella loro partecipazione ai Giochi: saranno gli Stati d’accoglienza, infatti, a dover aiutare il Cio ad individuare gli sportivi di maggior talento. Le porte delle Olimpiadi, ovviamente, non saranno aperte a tutti in maniera indiscriminata, ma solo agli atleti qualificati e in grado di competere a livello internazionale. Così “vogliamo portare speranza ai profughi attraverso lo sport, in omaggio allo spirito olimpico in cui tutte le persone sono uguali, a prescindere da razza, sesso, status sociale, cultura, religione”, ha spiegato il numero uno dello sport mondiale.

Non è la prima volta che il Cio concede la propria bandiera ad atleti senza nazionale. Era successo ad esempio ai Giochi di Barcellona 1992: la Jugoslavia era stata esclusa come effetto delle sanzioni votate dall’Onu, e il Comitato olimpico decise di concedere dei pass individuali ad alcuni atleti jugoslavi; tre di loro (Sekaric, Binder e Pletikosic) arrivarono addirittura a medaglia (un argento e due bronzi) nel tiro a segno. A Londra 2012 gli “atleti olimpici indipendenti” erano quattro, tra cui Guor Marial, maratoneta dell’appena nato Sud Sudan, che aveva rifiutato di correre per il suo ex Stato centrale del Sudan: alla fine il Cio gli ha concesso di gareggiare da autonomo, e lui si è piazzato 47esimo. Stessa chance data agli atleti delle ex Antille Olandesi, dipendenza dei Paesi Bassi sciolta nel 2010. Ma si era sempre trattato di misure eccezionali. D’ora in poi almeno alle Olimpiadi non ci saranno esuli. Ai nastri di partenza dei Giochi di Rio 2016 ci saranno 206 nazionali affiliate al Cio. Più una, per tutti quelli che non hanno più una patria."

martedì 27 ottobre 2015

La mezza partita difensiva


Brano preso da "Il sogno di Futbolandia", Jorge Valdano, Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, pag. 199-200

"Spingere una squadra debole ad attaccare è come chiedere a un povero di risparmiare, lo so anch'io. Coloro che amano i luoghi comuni sono soliti dire che "c'è sempre meno differenza tra le piccole e le grandi squadre". Questa impressione è dovuta a due motivi. Primo: molte squadre piccole giocano soltanto mezza partita: quella difensiva. Quando si sentono forti e tentano di giocare sui cento metri per settanta del campo di gioco spesso portano a casa cinque gol. Secondo: le grandi giocano solo per segnare il primo gol, poi si occupano di difenderlo. Se dopo il primo andassero a cercare il secondo, e poi il terzo, la differenza apparirebbe clamorosa, come è normale che sia. Visto che la tendenza difensiva stava imperando bisognava cercare un meccanismo di attacco. Come sempre, invece di chiedere lumi al computer, bastava parlare con i più vecchi della tribù, perché quasi tutte le soluzioni sono già state inventate. Alla domanda:"Cosa bisogna fare contro squadre che si chiudono molto?", avrebbero semplicemente risposto:"Aprirle". Come? Attaccando sulle fasce. Chi sceglie di non giocare si risparmia questi problemi, ma chi decide di prendere il comando delle operazioni deve sfruttare tutto il terreno di gioco. César Luis Menotti fa notare che a mano a mano che si attacca "il terreno diventa più corto, ma la larghezza è sempre la stessa: settanta metri"."




mercoledì 21 ottobre 2015

Rugby, l’Italia prenda esempio dal calcio




"Agli appassionati della palla ovale, quest’invito (e forse tutto questo post) suonerà come una bestemmia. Al massimo va considerata come una provocazione, ma fino a un certo punto. Forse il rugby italiano dovrebbe davvero prendere esempio dal calcio, per fare il salto di qualità che tutti auspicano da anni. I Mondiali di Inghilterra 2015 sono stati più che deludenti, ora c’è una nazionale intera da rifondare. Il nostro rugby è praticamente all’anno zero . E l’impressione è che abbia perso una grande occasione nell’ultimo decennio.

Il movimento ha avuto a disposizione una generazione mediamente talentuosa, con alla testa uno dei più forti giocatori al mondo come Parisse (chissà quando ricapiterà). L’attenzione, anche mediatica, è salita in maniera esponenziale. Sono cresciuti pure i finanziamenti Coni: nulla a che vedere con il calcio e altri sport nazionali, comunque risorse importanti. Ma non è cambiato nulla, anzi. La responsabilità è di scelte sbagliate a livello tecnico (Mallet e Brunel sono stati due pessimi ct) e federale (il progetto delle franchigie in Celtic League non ha portato i risultati sperati). Discorso complesso.

Ma c’è anche un altro aspetto. Il rugby in Italia continua ad essere una strana roba: per tanti solo folklore, paragonabile ad una sagra di paese. Per altri disciplina quasi mistica, riservata a pochi eletti. Due estremi senza via di mezzo: tra chi non riesce a guardar oltre a terzo tempo e boccali di birra; e altri, per cui chiunque gioca o soltanto guarda il calcio non deve permettersi di parlare della palla ovale. Manca la normalità, l’abitudine a considerarlo uno sport come gli altri.

Al nostro rugby, forse, servirebbe un po’ di sana “incazzatura” pallonara per una squadra che non vince (quasi) mai. Piangere, arrabbiarsi, magari anche contestare quando la nazionale perde (e ultimamente ha perso spesso, e anche male) come avviene nel calcio. Dare importanza al risultato, che non deve diventare un’ossessione ma neppure può passare sempre e comunque in secondo piano. Se l’Inghilterra del rugby esce al primo turno del Mondiale di casa è dramma nazionale. Perché gli sport scatenano passioni forti. E lo sport agonistico non può prescindere dal risultato. In altri settori, un mondiale come questo (anzi, un ciclo intero come gli ultimi 4-8 anni), scatenerebbe un terremoto, a partire dal malcontento dei tifosi. In Italia si continuano a sentire frasi come “l’importante è giocare a testa alta”. O alla prima critica, risposte tipo “ma cosa ne capite voi, pensate al calcio”. In un misto di rassegnazione e disinteresse snobistico per il risultato che non fa bene a nessuno. Soltanto quando smetteremo di fare la ola sotto di 40 punti (stile Sei Nazioni 2015), forse, il rugby italiano riuscirà a crescere veramente. E sarà il caso di farlo quanto prima. Perché chi non va avanti, di solito torna indietro."

Articolo di Lorenzo Vendemiale
Preso dal sito de Il Fatto Quotidiano

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/14/rugby-litalia-prenda-esempio-dal-calcio/2125577/

lunedì 19 ottobre 2015

Elogio della pippa

Di seguito un breve racconto di Sandro Onofri, insegnante, giornalista e scrittore.

"Quando gli va bene li chiamano incapaci, o impediti, ma solitamente sono pippe, schiappe, seghe. Ce ne sono in ogni squadra, da quella degli "scapoli" o degli "ammogliati" fino almeno ai semiprofessionisti. Almeno, ma spesso anche oltre, e anche molto oltre. Sono la categoria di calciatori più tartassata eppure la più fedele, sempre i primi ad arrivare al campo, i più solerti ad organizzare sfide, formidabili nel cucire rapporti all'interno della propria squadra. I fuoriclasse veri li capiscono e li proteggono, i mediocri li insultano. I mediocri cominciano a lamentarsi delle loro infauste giocate già dopo cinque minuti dall'inizio della partita, i fuoriclasse invece giocano anche per loro, gli passano palloni d'oro che nove volte su dieci finiscono fuori, o sui piedi dell'avversario. Le schiappe sono gli dèi dello spreco, ma solo i mediocri , ripeto, gli vogliono male.
Le pippe sono eroiche, non rinunciano mai al numero di classe, che sanno impossibile per le loro capacità e che tuttavia inseguono magari per tutta la vita. Perché a modo loro le seghe sono mosse da un aristocratico disprezzo della mediocrità. E sanno rischiare. Una volta un amico mio si intestardì nell'imparare una giocata estremamente difficile per chiunque. Si trattava in un pallonetto in rovesciata, trucco che consente di liberarsi dell'avversario alle spalle dopo un palleggio ripetuto e un tocco vellutato all'indietro, fatto quasi contemporaneamente allo scatto. Era chiedere troppo ai suoi piedi così grezzi e approssimativi, tuttavia lui non si arrendeva. Provò per settimane in allenamento, non riuscendoci mai, anche se sosteneva di fare ogni volta dei progressi. Quando finalmente gli capitò l'occasione di provare il suo numero in partita (il mister lo faceva entrare sempre negli ultimi minuti, perché la confusione che riusciva a creare in campo, unita alla stanchezza, qualche volta aveva fatto il miracolo), al momento della rovesciata si dette una pallonata in pieno volto, e restò stordito in terra. Quando l'arbitro mandò i tre fischi, lo dovemmo portare a braccia fuori dal campo.
Sono Don Chisciotte e sono Charlot. Sono la poesia della volontà. E come dimenticare l'altro mio compagno, forse il più sega di tutti, che nel salvare in calcio d'angolo il più innocuo dei palloni (sarebbe bastato un tocchetto, ma le chiappe peccano sempre per troppa passione) sparò una cannonata che rimbalzò sul palo e dal palo gli ritornò in piena faccia. Lo vedemmo volare via e rimbalzare di culo sul terreno. Ma quanti altri esempi potrei portare? Sono ingovernabili. Se li fai giocare avanti, stanno sempre sulle traiettorie dei tiri dei compagni, se li metti dietro magari lisciano e liberano un avversario da solo davanti al portiere oppure, peggio, presi dalla foga, sparano nella loro porta il più imprendibile degli autogol. E così di solito li si lascia liberi di giocare dove vogliono, senza una posizione precisa, esattamente come si fa con i geni.
Eppure, non c'è schiappa o sega che dir si voglia che non sia stata almeno una volta in vita sua protagonista di una prodezza: un tiro preciso proprio sotto l'incrocio (e nella porta giusta, stavolta), una finta che lascia secco l'avversario, una bombarda sparata dal limite che passa in mezzo a decine di gambe e si infila nell'unico angolino disponibile. Non esiste nessuno che può dire di non avere mai vinto almeno una partita grazie al goal di una pippa. Accade all'improvviso, e sono le vittorie più belle. Provocano gioie incredule. E' in quei momenti, dopo una prodezza, che si riconosce la schiappa vera: se insiste nel sostenere di avere calcolato tutto, allora no, non è una pippa, è semplicemente un mediocre. Ma se ride con gli altri, se con gli altri condivide la meraviglia e la sorpresa, allora si, è senza dubbio una sega. Perché questa categoria di calciatori sa, come i fuoriclasse autentici, di avere voluto certamente quel colpo di genio, di averlo inseguito da sempre. Ma sa anche nel momento in cui è arrivato, il merito non è stato suo, ma di qualcos'altro più forte e incontrollabile, che agisce insieme da dentro e da fuori di noi, un miracolo ogni volta irripetibile. Le schiappe, come i fuoriclasse, lo sanno questo, e infatti si capiscono."

S. Onofri, Il pomeriggio dell'atleta stanco, Theoria 1995

GRAZIE DI CUORE A LUCA, IN BOCCA AL LUPO!