lunedì 3 giugno 2013

A proposito di stretching.....


"Sebbene il ruolo dello stretching sia stato notevolmente ridimensionato nel corso degli ultimi decenni (rispetto a quello che si riteneva essere il suo potenziale) è in ogni caso incontrovertibile che racchiuda una gamma di vantaggi per i quali è consigliato il suo inserimento all'interno dei comuni work-out o addirittura l'organizzazione di specifiche sessioni di allenamento dedicate a tale aspetto. Alcuni autori auspicano perfino stimoli da somministrare due volte al giorno per migliorale al massimo la componente della mobilità . Altri autori riferiscono, in relazione al mondo dell'atletismo, una sollecitazione minima di 3 sessioni settimanali, con adattamenti che iniziano a poter essere apprezzati in modo significativo non prima delle 6 settimane di lavoro specifico. Uno dei principali ruoli rivestiti dall'attività di allungamento è proprio in direzione di migliorare e conservare la mobilità articolare, riducendo le rigidità muscolari a tutto vantaggio di un incremento del ROM e dell'economia del gesto atletico. Elemento fondamentale all'interno di un programma finalizzato alla preparazione atletica oltre che al miglioramento generale delle performance. La necessità di un lavoro specifico nasce ovviamente dalla considerazione che ciascun adattamento corporeo origina da una specifica sollecitazione, e diviene più marcato e duraturo in virtù dell'intensità e della durata dello stimolo, oltre che dalla sua evidente specificità. È quindi necessario non solo formulare work-out adeguati selezionando tra le diverse possibili metodologie e discipline che stimolano questo parametro, ma è altrettanto indispensabile ricercare la giusta durata ed intensità dello stimolo. Il fatto di porre spesso in secondo piano le sessioni di stretching, o il tempo dedicato a questo allenamento all'interno delle comuni sedute di lavoro, è frutto di una incompleta consapevolezzasui reali vantaggi che una muscolatura allungata può offrire rispetto ad una muscolatura che non lo è. Altrettanto paradossalmente alcuni dei supposti benefici dello stretching sono più il retaggio di supposizioni e luoghi comuni molto radicati, piuttosto che benefici realmente comprovati dalle ricerche scientifiche. Ad esempio, nonostante lo stretching venga diffusamente utilizzato ancora oggi all'interno del processo di riscaldamento degli atleti, questa procedura è del tutto priva di ogni ragione di tipo scientifico, e crea semmai non pochi problemi. Chiarisce egregiamente questo concetto un articolo di Stephan Turbanski dell'Istituto di Scienze dello Sport dell'Università di Francoforte, il quale segnala tra l'altro che, come metodo di riscaldamento, lo stretching è sempre più messo in discussione, soprattutto negli sport nei quali il risultato è deciso dalla forza rapida. In ricerche controllate si vede che lo stretching diminuisce le capacità di prestazione svolgendo un'azione negativa sulla performance degli atleti che molto spesso può essere del tutto compromessa. Può essere utile a tal proposito citare alcune delle ricerche condotte in questa direzione e riprese da Turbanski:
- Peggioramenti della prestazione nell'altezza di salto in alto dopo stretching (Henning, Podzienly 1994)
- Riduzione dell'altezza di salto e del contatto al suolo nel drop jump (Kunnemater, Schmidtbleicher 1997)
- Riduzione delle prestazioni dall'8% al 10% nella forza reattiva (Bergert, Hillebrecht 2003)
- Peggioramento dei tempi di sprint sui 35m piani dopo 15 minuti di stretching (Klee, Wieman 1991).
- Riduzione di forza dal 7,3% all'8,1% in test massimali compiuti dopo allungamento sulla muscolatura degli estensori e dei flessori della gamba (Kokkonen et. al. 1998).
Le ragioni di una simile interferenza negativa dello stretching, quando precede un lavoro di forza, sono imputabili alla riduzione della stiffness muscolare, ossia della capacità di accorciamento rapido di un muscolo dopo un allungamento, e quindi riducendo il potenziale elastico di una struttura. È bene precisare che queste considerazioni non sono volte a confutare i benefici dello stretching, tra l'altro anche sul parametro della forza, quanto la sua inopportuna applicazione nella fase di riscaldamento che eventualmente precede nell'immediatezza un lavoro di forza o, ancora peggio, di forza esplosiva. Da un punto di vista atletico una muscolatura che non ha difficoltà ad allungarsi conferisce una maggiore predisposizione ai lavori di forza e di esplosività, inserendo lo stretching a pieno titolo fra gli elementi maggiormente utili all'interno di una programmazione specifica finalizzata ad acquisire al massimo queste caratteristiche. Il vantaggio di una muscolatura flessibile è infatti individuabile in un'azione frenante da parte dei muscoli antagonisti molto meno marcata. A questo si somma uno spazio maggiore per imprimere i movimenti di accelerazione rendendoli di conseguenza più efficaci. Un più ampio prestiramento e l'attivazione di un maggior numero di fibre muscolari determinano altresì un potenziale di forza più marcato. Relativamente ad allenamenti di forza è inoltre interessante segnalare che, a seguito di specifiche sollecitazioni di questo tipo, si assiste ad una marcata riduzione della mobilità articolare, sebbene in modalità reversibile e per lassi temporali di circa due giorni. Viceversa inserendo una fase di allungamento a conclusione di un work-out incentrato sulla forza, la componente della mobilità migliora progressivamente. Questo produce una maggiore propensione al recupero da parte del muscolo ed un miglioramento generale del suo tono. Indirettamente, sebbene in misura minore, anche la resistenza potrà essere ottimizzata, poiché un minore lavoro contro la muscolatura antagonista preserva maggiormente freschi i muscoli attivamente al lavoro, consentendo il protrarsi dell'attività per un periodo maggiore o con un'intensità più elevata. Sotto il profilo dell'esecuzione tecnica molte discipline vincolano le azioni più efficaci al completo utilizzo del ROM articolare, individuando quindi nei lavori di allungamento la premessa per un gesto atletico qualitativamente migliore, oltre che una tappa imprescindibile nel corso dell'apprendimento di gesti e sequenze tecniche particolarmente complesse. Sono invece spesso contraddittori gli studi sulla possibilità che lo stretching possa prevenire situazioni traumatiche, mentre è certo che possa intervenire nell'evitare squilibri posturali che nascono per effetto di strutture muscolari particolarmente sollecitate, e che quindi tendono all'accorciamento, rispetto ad altri distretti anatomici che lo sono meno. A tal proposito è però fondamentale segnalare anche il processo inverso, ossia l'esasperazione dell'allungamento che poi innesca un incremento della rigidità come fenomeno di compensazione. È opportuno quindi segnalare che, al pari di qualsivoglia altro adattamento, anche in direzione dello stretching occorre ricercare la condizione migliore per le necessità individuali.
Da un punto di vista delle metodiche esecutive, in relazione allo stretching è possibile citare:
- L'allungamento statico, certamente quello più ampiamente diffuso ed utilizzato, prevede di raggiungere una data posizione attraverso un lavoro di massima flessione, estensione o torsione, sino ad avvertire un senso di stiramento. La posizione raggiunta sarà mantenuta per un determinato lasso temporale, in genere inferiore ad un minuto ma superiore ai 10 secondi. È da segnalare che non c'è pieno accordo fra gli autori sul tempo ottimale di mantenimento della posizione. Questo genere di allungamento è di tipo passivo, in quanto si sfruttano forze esterne, comunemente l'azione della gravità, o interventi meccanici che consentono di andare oltre il limite raggiungibile in modo attivo. Il tempo di riposo prima di ripetere il gesto è normalmente pari o doppio al tempo per il quale si è mantenuta la posizione di allungamento. Occorrerà evitare la percezione del dolore oltre a movimenti "molleggiati" che, tra l'altro, avrebbero come risultato l'attivazione del riflesso di stiramento, che produce un risultato opposto a quello desiderato in questa pratica di allungamento. La principale nota negativa di questo sistema di lavoro è una sollecitazione praticamente nulla sui muscoli agonisti, quelli che poi in una fase dinamica promuovono il lavoro. Sotto il profilo dei miglioramenti indotti è invece una forma certamente efficace di allungamento, probabilmente tra quelle meno traumatiche sul fronte dei possibili incidenti, anche perché tende a non attivare l'azione riflessa degli organi tendinei del Golgi che, viceversa, creerebbero uno stato di tensione in opposizione alle forze di stiramento (inibizione autogena).
- L'allungamento dinamico ricalca in pieno i movimenti specifici di una disciplina sportiva e, nella sua variante dinamico-balistica implica l'esecuzione di gesti rapidi, cercando di sfruttare al massimo il ROM articolare attraverso slanci e molleggi. È evidente che questo genere di lavoro può innescare il riflesso da stiramento e, per la sua peculiare intensità, sarebbe magari da riservare a soggetti atleticamente evoluti, e quindi pienamente consapevoli anche della corretta esecuzione tecnica dei gesti che si ricalcano. È una metodica riservata al mondo atletico, ed in particolare a chi si cimenta nella ginnastica, nelle discipline acrobatiche ed in alcune discipline marziali. Del resto espone a sollecitazioni potenzialmente traumatiche e, sempre più autori, concordano nello sconsigliare questa metodica di allungamento. È tuttavia da segnalare che, questo specifico protocollo, è l'unico che non interferisce negativamente in caso di successive prestazioni in cui la componente principale è la forza esplosiva, come invece accade per altre forme di allungamento. Nel corso dell'allungamento dinamico di tipo non balistico entrano fortemente in gioco i muscoli agonisti, attraverso la cui contrazione si sollecita l'allungamento dei relativi antagonisti. È anche da dire che la contrazione di un muscolo induce un rilassamento riflesso sul suo antagonista, che nell'ottica dell'allungamento è però l'oggetto del lavoro. In questo modo si produce una maggiore propensione all'allungamento successivo. Probabilmente tra le diverse metodiche di allungamento è quella che produce i minori adattamenti, salvo sfruttare la predisposizione al rilassamento per poi applicare un allungamento di tipo statico.
- La facilitazione propriocettiva neuromuscolare (o PNF) deriva da protocolli originariamente riservati al campo della riabilitazione e si basa essenzialmente sull'alternanza di fasi di contrazione e rilassamento della muscolatura. Esistono differenti forme di applicazione della PNF, la più comune prevede di agire in una prima fase che è analoga all'esecuzione dello stretching statico, quindi raggiungendo e mantenendo una data posizione di allungamento per un intervallo di tempo di circa 10 secondi. Mantenendo la posizione raggiunta occorrerà stimolare una contrazione isometrica del muscolo sollecitato, tecnicamente quindi si passa da una fase si allungamento ad una di stimolo all'accorciamento, con una durata relativamente breve, di circa 5 secondi. Si torna quindi in modo fluido e continuo ad un nuovo allungamento del medesimo muscolo per un lasso temporale analogo al primo, pertanto doppio rispetto alla fase di contrazione isometrica. La seconda procedura di allungamento in genere consente di raggiungere un limite maggiore nell'escursione articolare. Limite che, in assenza di stimoli dolorifici, dovrà essere assecondato. Si procederà quindi ad una fase di recupero di circa 45 secondi, per poi ripetere l'operazione.
Esistendo varie modalità esecutive dello stretching occorre anche domandarsi quale sia più idonea alle esigenze di chi lo pratica. Lo stretching attivo e lo stretching balistico ad esempio è maggiormente indicato in chi pratica attività come le arti marziali. Le tecniche di stretching in cui si alterna contrazione e rilassamento (PNF) sono invece quelle che meglio si prestano al processo di recupero dopo un lavoro particolarmente intenso, compreso il lavoro con i sovraccarichi, a patto che l'alternanza tra contrazione e allungamento sia relativamente rapida. Come già chiarito è invece errata in ogni caso la sua esecuzione su una muscolatura fredda, come del resto è inopportuno l'impiego dello stretching come sostituto o come parte del riscaldamento muscolare. Lo stretching, al contrario, deve essere sempre eseguito su una muscolatura adeguatamente calda e sollecitata. L'applicazione di un protocollo di allungamento non prescinde da una idonea programmazione del lavoro e, come in tutti gli altri casi, e per tutti gli altri risultati ricercati, la programmazione implica anche una progressione dei carichi, in questo caso intesi come intensità e metodica di lavoro sempre tenuto conto degli adattamenti già realizzati sul soggetto e dei suoi obiettivi specifici. Nelson e Kokkonen (op.cit.) segnalano 5 differenti programmi, ad intensità crescente, finalizzati al lavoro specifico di allungamento con tecnica statica.
Il programma 1 prevede delle sessioni di allenamento bisettimanali della durata di 15/20 minuti, nel corso delle quali raggiungere un lieve grado di stiramento. La posizione raggiunta va mantenuta per un periodo compreso fra i 5 e i 10 secondi per poi recuperare tra le ripetizioni per un lasso di tempo analogo e ripetendo 2 volte ogni esercizio.
Il programma 2 prevede delle sessioni di allenamento trisettimanali della durata di 20/30 minuti ciascuna, nel corso delle quali raggiungere un moderato grado di stiramento. La posizione raggiunta va mantenuta per un periodo compreso fra i 10 e i 15 secondi per poi recuperare tra le ripetizioni per un lasso di tempo analogo e ripetendo 3 volte ogni esercizio.
Il programma 3 prevede delle sessioni di allenamento da effettuarsi per 4 giorni alla settimana con durata di 30/40 minuti ciascuna, nel corso delle quali raggiungere un moderato grado di stiramento. La posizione raggiunta va mantenuta per un periodo compreso fra i 15 e i 20 secondi per poi recuperare tra le ripetizioni per un lasso di tempo analogo e ripetendo 4 volte ogni esercizio.
Il programma 4 prevede delle sessioni di allenamento da effettuarsi per 4/5 giorni alla settimana con durata di 40/50 minuti ciascuna, nel corso delle quali raggiungere un elevato grado di stiramento. La posizione raggiunta va mantenuta per un periodo compreso fra i 20 e i 25 secondi per poi recuperare tra le ripetizioni per un lasso di tempo analogo e ripetendo 5 volte ogni esercizio.
Il programma 5 prevede delle sessioni di allenamento da effettuarsi per 5 giorni alla settimana con durata di circa un'ora ciascuna, nel corso delle quali raggiungere un elevato grado di stiramento. La posizione raggiunta va mantenuta per un periodo compreso fra i 25 e i 30 secondi per poi recuperare tra le ripetizioni per un lasso di tempo analogo e ripetendo 5/6 volte ogni esercizio.
Questo genere di progressione, per quanto efficace, è naturalmente riservata, nei programmi più intensi, ad obiettivi specifici di medio alto livello, tipici di discipline dove, il grado di flessibilità, è tra le prerogative più importanti.
Relativamente alla flessibilità è poi certamente necessario distinguere tra flessibilità attiva eflessibilità passiva. Sulla prima forma di flessibilità agisce esclusivamente l'azione compiuta dal soggetto o dall'atleta, sulla seconda agisce invece una forza esterna. È pertanto intuibile con facilità che la flessibilità passiva, proprio in quanto agevolata dall'applicazione di forze esterne, è maggiore rispetto a quella attiva. La differenza fra queste due situazioni genera la riserva di movimento che è in qualche modo anche il principale margine di miglioramento. A coadiuvare le sessioni di stretching, ove si renda necessario, è possibile utilizzare una sollecitazione delle strutture mediante vibrazioni. Frequenze prossime ai 18 Hz possono essere un valido aiuto nei lavori finalizzati al miglioramento della mobilità articolare mediante un allungamento delle strutture muscolotendinee. Il miorilassamento indotto agevola e coadiuva le normali sedute di stretching. C'è da aggiungere che l'intensità dei miglioramenti varia molto tra soggetti allenati e sedentari e che gli adattamenti sono temporanei e potenzialmente labili se non supportati da metodi classici di allenamento. In questa chiave quindi l'uso delle vibrazioni può costituire un ulteriore elemento a vantaggio di sportivi che si allenano intensamente e con regolarità, rappresentando invece un sistema molto meno valido per gli altri. Altre possibili interazioni positive con il lavoro di allungamento, prevedono di affiancare l'esecuzione di discipline che hanno tra i loro cardini proprio il processo di stretching muscolare. In questo caso, ai vantaggi e benefici dell'allungamento, si associano attività di natura differente che possono contrastare la monotonia o la sensazione di scarso impegno nella pratica dello stretching, soprattutto nella forma classica dello stretching statico. Discipline come lo yoga, il pilates, il tai-chi, sono probabilmente tra quelle più indicate in questa direzione e possono indubbiamente essere applicate anche all'interno di un protocollo di preparazione atletica, col vantaggio di non compromettere in modo drastico altre componenti e di sfruttate (lo yoga in particolar modo) la componente della respirazione in associazione al movimento. Così come esistono condizioni e protocolli utili alla migliore gestione dell'attività di stretching, esistono anche situazioni che mal si conciliano con questo tipo di lavoro. Ad esempio condizioni di stress fisico o psicologico, muscolatura particolarmente affaticata, ma anche momenti della giornata particolarmente inidonei, per esempio al mattino quando, la soglia di attivazione dei fusi neuromuscolari è maggiore, mal si concilia con la stimolazione dell'allungamento. Anche intensi lavori di tipo lattacido inducono una rigidità muscolare poco adatta ad un successivo lavoro di stretching. All'interno di un protocollo di allenamento della mobilità articolare finalizzata alla preparazione atletica occorrerà tener presente in modo particolare quella che è definita come la mobilità articolare speciale, ossia riferita ad una singola articolazione, nello specifico quella di maggior interesse all'interno di una pratica sportiva, e che si distingue dalla mobilità articolare generale che invece valuta globalmente il grado di mobilità delle principali strutture articolari. Nel contesto della preparazione atletica è utile tenere presente anche che i tempi di adattamento non sono immediati, pertanto il lavoro di stretching non dovrebbe mai essere interrotto, sfruttando anche il fatto che ciascun atleta potrà cimentarsi in questa prassi in piena autonomia e praticamente in qualsiasi luogo. In alternativa occorrerà considerare di avviare il lavoro di allungamento almeno un mese prima della fase intensa di una preparazione, in modo da giungere con una muscolatura adeguatamente performante da questo punto di vista. Non meno importanti divengono la scelta degli esercizi di stretching e la loro applicazione pratica. Sarà buona norma selezionare esercizi che stimolino all'allungamento solo uno o pochi muscoli simultaneamente. Facendo attenzione, nel caso di muscoli biarticolari, che entrambe le articolazioni partecipino alla fase di allungamento. La selezione degli esercizi inoltre non terrà conto solo della loro efficacia e corretta esecuzione, ma anche di quali siano quelli maggiormente opportuni a seconda dell'attività fisica svolta o per la quale si sta apportando la preparazione atletica specifica. Questa selezione non solo permette dei vantaggi sotto il profilo della prestazione, ma è in grado di prevenire i conseguenti squilibri posturali cui si è fatto cenno precedentemente."

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